domenica 26 giugno 2011

NAPOLI, CALDORO INDAGATO. 60 ROGHI NELLA NOTTE


NAPOLI - Non si allenta l'emergenza rifiuti in provincia di Napoli. La scorsa notte i vigili del fuoco hanno eseguito 60 interventi per spegnere altrettanti roghi di spazzatura. Le richieste di intervento sono giunte sia dalla città che dalla provincia. Sui roghi la magistratura ha già avviato una indagine per accertare se ci sia una una sola 'regià dietro questi atti. La combustione dei rifiuti causa gravissimi danni alla salute perchè dai cumuli in fiamme si leva la diossina. Ma non solo. La spazzatura incendiata diventa rifiuto speciale e prima di essere rimosso deve essere «caratterizzato». Inoltre il rifiuto incendiato non può finire nè in discarica nè agli impianti Stir ma in apposite strutture di lavorazione. 

CALDORO INDAGATO Il presidente della giunta regionale campana Stefano Caldoro sarebbe indagato nell' ambito dell' inchiesta della procura di Napoli sui rischi per la salute pubblica determinati dalla mancata raccolta dei rifiuti. A Caldoro i titolari dell' inchiesta, il procuratore aggiunto Francesco Greco ed il pm Francesco Curcio contesterebbero la mancata attivazione dei flussi di rifiuti verso altre province campane e la mancata emanazione di un' ordinanza, con i poteri sostitutivi delle autorità locali dei quali dispone, per il trasferimento dei rifiuti in aree di emergenza di altre province campane.«Sono profondamente colpito, ma ho agito in piena coscienza - ha replicato il presidente della Campania - e rifarei tutto quello che ho fatto. Eventualmente fossero provate responsabilità penali sono pronto a dimettermi, anche sono convinto di aver fatto fino in fondo il mio dovere». Saranno i dati sul consumo di farmaci a fornire agli inquirenti elementi sui rischi della permanenza in strada di tonnellate di rifiuti. Come accadde per l'inchiesta relativa all' emergenza del 2007/2008, infatti, gli inquirenti stanno monitorando la vendita di prodotti per le allergie e le eruzioni cutanee, che presumibilmente in questi giorni ha subito un'impennata. Si tratta di un protocollo investigativo preciso, dal quale starebbero emergendo conferme alle ipotesi investigative. I magistrati ipotizzano i reati di epidemia colposa e omissione di atti d'ufficio perchè non sarebbe stato fatto tutto il possibile per ridurre i rischi per la salute. Molte le persone informate dei fatti già sentite in Procura; particolare importanza viene data alle informazioni fornite dalla professoressa Maria Triassi, epidemiologa della Federico II. «La Procura fa bene ad indagare - è il commento del sindaco de Magistris - è un atto dovuto; ogni istituzione deve mettere in campo tutte le energie per verificare se ci sono rischi e se ci sono responsabilità, per verificare anche quello che abbiamo ereditato e se tutti stanno facendo quanto è previsto dalla legge». L' inchiesta che coinvolge Caldoro è una delle tre avviate dalla Procura di Napoli per individuare i responsabili del disastro rifiuti. Importanti elementi di novità potrebbero venire anche dal fascicolo aperto dal procuratore aggiunto Giovanni Melillo e dal sostituto Raffaello Falcone, della sezione Sicurezza urbana. In questo caso l'inchiesta verte su una possibile regia dietro ad alcuni clamorosi episodi degli ultimi mesi: i roghi dei cumuli di spazzatura, le minacce e le aggressioni agli addetti alla raccolta, lo spargimento di letame davanti a palazzo santa Lucia, sede della regione Campania. Ci sarebbe un progetto per far salire la tensione e delegittimare le istituzioni cittadine, attuato anche da persone vicine alla criminalità. La terza inchiesta sui rifiuti riguarda invece la realizzazione e il funzionamento degli impianti, tra cui il termovalorizzatore di Acerra; è assegnata ai pm Federico Bisceglia e Mauridio De Marco della sezione Ambiente, che è coordinata da Aldo De Chiara. L'attenzione dei magistrati è concentrata su appalti, delibere e adempimenti contrattuali; lunedì sarà sentito come persona informata dei fatti il vicesindaco, Tommaso Sodano, già ascoltato nei giorni scorsi anche dal pm Falcone.LA LUNGA STRADA DELLO SMALTIMENTO Dalla raccolta alla smaltimento finale: è lungo il percorso che ogni giorno fanno i rifiuti della Campania. Nella regione in media si producono quotidianamente circa 7200 tonnellate di «solidi urbani». Una produzione che è in linea con quelle delle altre regioni. La raccolta dalle strade, la differenziata e il trasporto in discarica compete ai singoli Comuni. La legge però assegna alle Province la gestione dell'impiantistica, ovvero degli impianti Stir (gli ex Cdr) e delle discariche. Alla Regione, invece, attraverso l'ufficio flussi, spetta l'assegnazione dei quantitativi di spazzatura ai vari impianti: quote che sono assegnate quotidianamente sulla base della capacità ricettiva dei singoli impianti e delle esigenze delle singole province. L'obiettivo era quello di rendere autosufficiente ogni singola provincia. Dallo scorso mese di gennaio le altre province hanno dato hanno dato «solidarietà» a quella di Napoli accogliendo parte dei rifiuti. Il Comune di Napoli, che ha il maggior numero di abitanti, ha una produzione media di 1200 tonnellate al giorno, con picchi che si registrano tra la primavera e il mese di luglio e durante le festività natalizie. I rifiuti «tal quale» (quelli che finiscono in maniera indifferenziata nei cassonetti) e quelli che residuano dalla raccolta differenziata (ovvero dopo che è già scartato il vetro, la plastica, la carta, l'alluminio e la sostanza umida da destinare ai compostaggi) una volta raccolta dagli autocompattatori, per la maggior parte, finiscono agli Stir che in Campania sono sette. Tre in provincia di Napoli - Giugliano e Tufino, gestiti dalla società provinciale Sap.Na e Caivano -, uno a Pianodardine in provincia di Avellino, uno a Casalduni in provincia di Benevento, uno a Santa Maria Capua Vetere nel Casertano e infine l'ultimo a Battipaglia in provincia di Salerno. Inizia così la lavorazione dei rifiuti dalla quale si ricavano la frazione umida trattata che finisce successivamente in discarica e quella secca destinata alla combustione nell'unico impianto di termovalorizzazione di Acerra. Delle sei discariche attive nella regione due sono in provincia di Napoli: quella di Chiaiano, ormai quasi satura e cava Sari a Terzigno che, però, dopo le proteste dello scorso autunno accoglie solo i rifiuti 'tal qualè di 18 comuni della zona vesuviana mentre prima smaltiva anche un quantitativo proveniente da Napoli. Poi c'è la discarica di Macchia Soprana, a Serre, nel salernitano, San Tammaro, in provincia di Caserta, Sant'Arcangelo Trimonte nel beneventano, e infine Savignano Irpino, in provincia di Avellino. La legge però prevedeva la apertura di altre discariche, come quella di Cava Vitiello, sempre a Terzigno, 'cancellatà dopo le proteste dello scorso autunno. Ma molto spesso la ricettività non è risultata adeguata alle esigenze e per questo si è fatto ricorso al trasferimento del 'materiale trattatò fuori regione.

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