La relazione dell'attività svolta nel 2010, presentata il 23 giugno dal presidente dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali (Garante della privacy), contiene alcuni spunti interessanti su due argomenti che riguardano da vicino gli utenti mobile. Il documento, oltre ad un resoconto del lavoro già svolto, indica due temi, cloud computing e smartphone/tablet, su cui più pressante è diventata la necessità di una attenta riflessione.
Non è un mistero, infatti, che smartphone e tablet stiano avendo un autentico boom, confermato dalle statistiche di mercato. Così come è evidente a tutti che la delocalizzazione dei servizi sul Web comporta nuovi rischi per la privacy degli utenti che richiederebbero strumenti di tutela adeguati. Fin troppo ovvio l'esempio delle recenti ondate di attacchi che hanno colpito prima il network di Sony e poi quello di SEGA. Nel documento dedicato al cloud computing, il Garante della Privacy sottolinea la centralità che assume il fornitore dei servizi nella tutela dei dati che gli vengono affidati, ma assegna anche un ruolo attivo "alle imprese e alle amministrazioni pubbliche che se ne avvalgono", che dovranno verificare l'affidabilità del fornitore, spingendosi persino a valutare le tecnologie utilizzate.
"Prima di adottare un sistema basato nel cloud computing è necessario, quindi, valutare attentamente il rapporto tra rischi e benefici derivante dall’utilizzo del predetto servizio virtuale, minimizzando i primi attraverso una attenta verifica dell’affidabilità del fornitore di servizi al quale ci si intende affidare."
Il Garante elenca anche una serie di accorgimenti utili ad evitare brutte sorprese: privilegiare i servizi che consentono la portabilità dei dati e che danno garanzie precise anche prevedendo penali, assicurarsi che i dati siano immediatamente disponibili su richiesta, informarsi su dove risiederanno fisicamente i dati (questo suggerimento ci sembra difficile da concretizzare, soprattutto nel caso di grossi network). Se il quadro sui rischi legati ai servizi di cloud computing è poco rassicurante, quello che l'Autorità fa di smartphone e tablet è sconfortante. I dispositivi mobile ci seguono in tutte le nostre attività quotidiane e, grazie ai servizi di geolocalizzazione integrati, sono in grado di tracciare con un buon livello di precisione i nostri spostamenti.
Inoltre quasi tutti i dispositivi mobile utilizzano i cosiddetti "market", estesissime collezioni di applicazioni (apps) rese disponibili ad una enorme massa di fruitori da un altrettanto grande numero di sviluppatori. A ciò si aggiunga che sono divenute assai popolari applicazioni in grado di raccogliere set di dati provenienti da origini diverse (si pensi ad esempio alle applicazioni di gestione dei servizi di social network).
"La linea di demarcazione che permette di distinguere l’Identità digitale dall’Identità reale tende progressivamente ad affievolirsi sino a scomparire".
La preoccupazione del Garante è che alla semplicità d'uso, che rappresenta uno dei caratteri fondamentali di smartphone e tablet, non corrisponda una superficialità nel trattamento dei dati personali. I pericoli maggiori proverrebbero dalla possibilità da parte delle applicazioni di intrecciare aspetti differenti della vita degli utenti, creando un profilo quanto mai completo della personalità di ciascun individuo, a sua insaputa. Durissima la critica ai produttori che "per ragioni di mercato, tendono a non distribuire tempestivamente gli aggiornamenti software che risolvono accertate vulnerabilità di sicurezza informatica."
La via indicata dagli esperti dell'Autorità garante della privacy per riportare trasparenza, controllo e sicurezza in un settore che per il momento sembra sfuggire a qualsiasi regolamentazione è quella di responsabilizzare, da un lato i produttori di hardware e software e gli operatori di telefonia, e dall'altro i gestori dei market, che rappresentano l'unico punto di contatto fra "l’indeterminata molteplicità degli sviluppatori e l’uguale enorme massa degli utenti".
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