La quotazione del barile di petrolio greggio, a New York, ha rotto il "supporto" dei 90 dollari al barile, in diminuzione del -5,4%, raggiungendo quota 89,75 dollari al barile, all’indomani delle dichiarazioni "prudenti" di Bernanke sul futuro dell'economia USA, ancora "incerto".
Sicuramente ha contribuito al "calo" del cosiddetto "oro nero" anche la notizia dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, che intende immettere sul mercato 60 milioni di barili, già nei prossimi 30 giorni.
L’immissione “emergenziale” di nuova produzione di 'greggio', è conseguente alle tensioni in Libia che aveva "fermato" la propria produzione, spingendo in alto il prezzo, fino alla vertiginosa quota di115 dollari al barile, per poi lentamente, e con vari "aggiustamenti", scendere intorno alla (più "ragionevole", specie ai fini del controllo sull'inflazione) quota di 95 dollari/barile.
Da questa posizione, e con i (bassi) tassi di crescita delle economie dei Paesi sviluppati che continuano a registare incrementi minimali della produzione, dopo la decisione dell’AIE, il prezzo del petrolio ha mostrato la propria "debolezza", perdendo altri 5 dollari solo in ragione della notizia di un prossimo aumento di offerta.
Resta da vedere, dopo il mese di maggior produzione (forzata), come si ritraccerà il prezzo della preziosa materia prima, da osservare con attenzione anche in vista delle future azioni di politica monetaria, in USA ed in UE; in particolare in BCE c'è attesa di vedere la "mano" diMario Draghi.
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